
NOVARA-27-01-18-L’accusa che pende sul capo di un ragazzo, oggi ventottenne, all’epoca dei fatti detenuto nel carcere di Novara, è quella di aver portato, e consumato con altri due detenuti, cocaina in cella approfittando del fatto che usufruisse del regime di semilibertà. Tutto era accaduto ai primi di luglio del 2014 quando, durante uno dei controlli di routine al Sert, il giovane italiano fu trovato positivo alla cocaina e gli addetti del servizio segnalarono il risultato alla direzione del carcere. “Pensammo di sottoporre ai test tutti i detenuti che erano in regime di semilibertà - aveva detto in aula un agente della polizia penitenziaria - e due di questi furono trovati positivi alla cocaina. Uno, cittadino marocchino, era compagno di cella dell’imputato, l’altro, italiano, era ospite in altra cella. Facemmo delle perquisizioni in tutta la palazzina ma non trovammo nulla”. La droga, era poi emerso dalle dichiarazioni rese a verbale dagli altri due detenuti, era nascosta nel manico di un pennello da barba che si trovava nella cella occupata dal marocchino e dal ragazzo ora a processo. La testimonianza dell’altro italiano, all’epoca detenuto in altra cella, che avrebbe consumato la cocaina insieme agli altri due, è stata costellata dai molti “non so”, “non ricordo”; ma quando era stato ascoltato nell’immediatezza dei fatti aveva riferito che la droga, hashish e cocaina, la portava in carcere il giovane italiano perché poteva uscire e che era nascosta nell’impugnatura del pennello da barba “dove c’erano delle pastiglie e delle bustine con della polvere bianca”. “In realtà - ha poi sostenuto davanti ai giudici del collegio - quando ci hanno interrogati ho sentito il cittadino extracomunitario dire che la droga la portava in carcere il suo compagno di cella (l’attuale imputato, ndr) e che la teneva nascosta nell’impugnatura del pennello. In realtà non so di chi era la roba, non so di chi fosse il pennello, l’ho detto perché l’aveva riferito l’altro; so che quando abbiamo fumato quella sigaretta con dentro hashish e cocaina, il pennello l’aveva preso il marocchino”. “Facemmo una perquisizione in cella - hanno riferito nell’ultima udienza due agenti - ma non trovammo droga e neppure il pennello. Due di loro usufruivano del regime di semilibertà ma tutti i detenuti quando rientrano in carcere vengono controllati”. Lui, l’imputato, per parte sua ha ammesso di aver avuto un attimo di debolezza e di averne fatto uso: “L’ho vista in cella e l’ho presa, era in una bustina. Non mi interessava sapere né di chi era né chi l’aveva portata dentro. Ma io non ho mai portato droga in carcere”. Nessun dubbio per il pubblico ministero: la droga c’era e “gli altri due coinvolti, sebbene con molte reticenze dicono che la droga fosse dell’imputato” ed ha concluso chiedendo la condanna a 3 anni e 4 mesi di reclusione; “l’accusa contro il mio assistito - ha detto il difensore - è solo la parola dei due ex detenuti; la droga non è mai stata trovata in cella. Non c’è prova né certa né indiziaria. Ha ammesso di averne fatto uso ma nega di averla portata in cella. Troppe le contraddizioni emerse dall’esame degli altri due che, a parere di questa difesa, sono del tutto inattendibili” ed ha concluso con la richiesta di assoluzione o, in subordine, il minimo della pena. Sentenza ad aprile.


