NOVARA -17-12-2017- Dalla cella del

carcere di Novara, dove è detenuto in regime di 41bis, prende carta e penna e scrive una lettera un po’ “particolare” al suocero; ma la missiva viene intercettata dagli agenti della penitenziaria e lui, trentenne palermitano, finisce a processo con l’accusa di tentata minaccia. Tentata perché il suocero, ascoltato in un’aula del palazzo di giustizia di Novara, quella lettera non l’ha mai ricevuta e, di conseguenza, non ha mai saputo del suo contenuto. Lui, l’imputato, sottoposto al cosiddetto “carcere duro” era in collegamento in videoconferenza dalla casa circondariale di via Sforzesca. Alcuni passaggi della missiva sono stati letti in aula sia dal pubblico ministero che dal difensore dell’imputato. “Stai attento perché posso farti molto male – scriveva – Io ti voglio bene ma con il tuo comportamento mi sei scivolato dal cuore un po’ più giù verso lo stomaco. Ti giuro che ti farò passare una brutta, bruttissima vecchiaia se non ti prenderai cura di mia moglie (figlia del destinatario della missiva, ndr) e di mia figlia in mia assenza. Stai molto attento perché fin che giochiamo con queste letterine..”, lasciando così intendere che fra i due, suocero e genero, vi fosse una corrispondenza epistolare che però in aula il suocero ha smentito. “Problemi? No, non ce ne sono mai stati, prima che sposasse mia figlia veniva a casa mia, si comportava bene e non è vero che ho allontanato mia figlia dopo il matrimonio con lui. Non veniva a casa mia perché noi, io e mia moglie, siamo anziani e non ospitiamo nessuno; a pranzo magari, ma ospiti fissi in casa no. E ci comportiamo così non solo nei confronti di questa figlia ma anche delle altre. Non vogliamo gente in casa, anche perché i bambini fanno confusione e noi vogliamo stare tranquilli. Dopo l’arresto di mio genero mia figlia è rimasta ad abitare nella sua casa, le abbiamo pagato noi l’affitto qualche volta e l’abbiamo ospitata a casa per un paio di mesi. Poi non l’ho più vista”. Sentenza a giugno.