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legge martello
NOVARA-16-12-17-Era stato arrestato a Novara nella sua abitazione nel settembre dell’anno scorso nel corso dell’operazione Athenaeum, che portò carabinieri e polizia municipale di Torino a sgominare quella che per l’accusa è un’organizzazione di mafia nigeriana. Lui, nigeriano 45enne, ritenuto dall’antimafia del capoluogo piemontese un esponente di spicco dell’associazione (per l’uomo, ora a processo con rito abbreviato, il pm torinese ha chiesto la condanna a 11 anni e 4 mesi di carcere), è comparso in un’aula di giustizia del tribunale di Novara per rispondere dell’accusa di rapina, fatto che sarebbe accaduto in città nel maggio di cinque anni fa, una vicenda che nulla ha a che vedere con le più gravi contestazioni mosse dalla Dda torinese. Ad accusarlo un connazionale che ascoltato davanti al tribunale gaudenziano, aveva raccontato che lo avevano accompagnato in un cortile e lì, mentre uno lo teneva fermo, un altro gli aveva spaccato una bottiglia in testa, e poi lo avevano rapinato del portafogli che conteneva 50 euro, del cellulare e di una collanina. Quel giorno di maggio, in viale Dante, sotto all’abitazione del nigeriano, c’era stato un po’ di movimento. “C’era una decina di persone davanti a un bar – ha detto in aula una donna, anche lei nigeriana, conoscente da anni dell’imputato – Litigavano, ma solo a voce; poi a un certo punto in due si sono picchiati ma lui (l’imputato, ndr) non era in strada, era in casa con sua moglie, è sceso dopo”. Identica la versione fornita dallo stesso imputato che ha sempre sostenuto di essere “arrivato quando tutto era finito”. Ma per l’accusa dietro a quell’aggressione e a quella presunta rapina, che tra l’altro non era stata denunciata a Novara nell’imminenza dei fatti, ma qualche giorno dopo a Brescia, avrebbe potuto esserci qualcosa di diverso, legato appunto all’associazione. Nel corso del suo esame l’imputato ha anche sottolineato che “i Maphite (nome dell’organizzazione nata in Nigeria nel 1978, ndr) sono un’associazione di mutuo soccorso, nulla a che vedere con la mafia”. “Vicenda complessa e quadro probatorio confuso” per il pubblico ministero che, per quel fatto, ha chiesto l’assoluzione. Si torna in aula a gennaio per la sentenza.

 

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