
NOVARA-16-12-17-Diffamazione aggravata a mezzo facebook. Questa l’accusa per la quale una trentaquattrenne novarese è finita davanti a un giudice del tribunale di Novara dopo la denuncia sporta da un quarantenne romano, all’epoca dei fatti – il 2014 - “coordinatore” di un gruppo creato sul social network per la dieta Dukan. Un gruppo di discussione all’interno del quale i vari appartenenti lasciavano commenti o osservazioni; ma il tenore dei commenti che lei, la novarese, stando almeno all’accusa, dietro un profilo creato appositamente allo scopo, lasciava avevano innescato una discussione per divergenti opinioni e lui alla fine l’aveva denunciata. A nulla era valso il profilo dietro al quale si nascondeva la trentenne; avviate le indagini ben presto sono risaliti alla sua identità e per lei è partita la denuncia. Lui, il quarantenne, si è costituito parte civile, lei, l’imputata, che rischia una condanna da sei mesi a tre anni, ha chiesto di essere giudicata con rito abbreviato, giudizio alternativo che nel caso di condanna consente lo sconto di un terzo della pena. In un’epoca in cui tutto è condiviso sulla rete, vale la pena ricordare che se la diffamazione è reato penalmente perseguibile, altrettanto lo sono quella, nota, a mezzo stampa, ma anche a mezzo internet, dove molto spesso, complici profili anonimi o creati con nomi di fantasia, in molti credendosi protetti proprio dall’anonimato e dallo spazio virtuale, si sentono lecitati ad esprimere tutto quel che gli passa per la testa. Anzi, per redimere la questione la Suprema Corte di Cassazione con una sentenza del gennaio scorso ha ribadito che “la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca "facebook" integra un’ipotesi di diffamazione aggravata, poiché si tratta di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone”


