
NOVARA-09-12-17-“L’ho conosciuta in ospedale,
era agitata, piangeva. Iniziammo a parlare, mi raccontò che era albanese, che aveva sposato un italiano, che abitava a Novara e che in casa veniva picchiata. Diventammo amici, con il tempo si confidò e mi disse che faceva la prostituta e che a prostituirsi, cosa che aveva fatto fino all’ottavo mese di gravidanza, era costretta dal marito e dai suoceri e doveva anche dare tutti i soldi in casa. In cambio la trattavano male, non le davano da mangiare e non le permettevano neppure di lavarsi”. La vicenda che poi ha portato sul banco degli imputati i suoceri della ragazza, lei 58 anni, lui 70 italiani (il marito della giovane è già stato condannato in primo grado in separato giudizio) con le accuse di maltrattamenti, lesioni e sfruttamento della prostituzione, era venuta a galla una sera di luglio di cinque anni fa quando la giovane, dopo l’ennesima discussione in casa, aveva chiamato i carabinieri. Erano arrivati in quella via alla periferia della città e avevano trovato sulla strada una giovane donna con un bambino piccolo in braccio. “Era agitata, si lamentava, diceva di essere stata picchiata dal marito e dalla suocera – ha riferito davanti ai giudici uno dei carabinieri intervenuti quella sera - Chiamammo l’ambulanza ma prima che i soccorsi giungessero arrivò il marito e poi i suoi genitori, scoppiò una discussione, arrivarono alle mani, lei spintonò la suocera e prese un ceffone dal marito. Dovemmo intervenire per allontanarli. Poi la ragazza fu portata in ospedale dove i medici le diedero una prognosi di sette giorni”. E lì aveva conosciuto un uomo (il primo chiamato a testimoniare) con il quale si era poi confidata. In realtà quella famiglia, composta dai due anziani con i due figli, uno dei quali marito della giovane straniera con la quale aveva avuto un figlio all’epoca di pochi mesi, viveva tutta in un minuscolo alloggio “inadeguato per ospitare così tante persone”, come ha riferito un’assistente sociale alla quale la giovane si era già rivolta per raccontare i suoi problemi. “Nei vari colloqui – ha aggiunto - mi disse di essere stata costretta a prostituirsi fino all’ottavo mese di gravidanza e che i suoceri le chiedevano i soldi”. Lei, la giovane, non si è costituita parte civile al processo e non si è neppure presentata in aula, motivo per il quale il tribunale ha disposto, per la prossima udienza fissata a giugno, il suo accompagnamento.


