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VERBANIA - 14-04-2023 -- Con i soldi della Fondazione Coccia di Novara pagarono circa 29.000 euro a una società privata, la Showbees di Milano, parte delle spese per la stagione estiva all’aperto -la prima, quella con Anastacia e Ornella Vanoni- che questa s’era impegnata a organizzare per il lancio del teatro Il Maggiore di Verbania.

È nato sul Verbano il procedimento penale per il quale, ieri pomeriggio, il Tribunale di Novara ha condannato a 3 anni e 3 mesi Renata Rapetti, in allora direttrice artistica del Coccia e, da allora (ancora oggi) direttrice artistica del Maggiore. Peculato (ma anche falso, per aver alterato le domande per portare al Coccia gli artbonus del ministero) il reato contestato dalla Procura di Novara, in concorso con la direttrice amministrativa Silvana Sateriale, condannata a tre anni.

La vicenda nasce con la necessità, conclusi i lavori di costruzione del Cem (così si chiamava, allora), di gestirne l’attività. In mancanza di una qualsiasi struttura, grazie ai buoni rapporti tra i sindaci di Verbania Silvia Marchionini, e di Novara Andrea Ballaré, si trovò una formula per cui, stipulando una convenzione onerosa, la Fondazione Coccia avrebbe fornito una serie di servizi, a partire dalla direzione artistica, ma anche tecnici, al comune di Verbania per gli spettacoli all’interno del teatro.

Per gli spazi nell’arena esterna fu pubblicato un bando riservato ai privati, chiamati ad assumersi un rischio imprenditoriale. Lo vinse la Showbees -la stessa agenzia, peraltro, che aveva trattato con Francesco De Gregori lo spettacolo inaugurale a 30.000 euro, poi annullato dallo stesso artista per le polemiche successive alla scelta- alla quale la Fondazione Coccia, nella prospettazione dell’accusa confermata in primo grado dai giudici, partecipò impropriamente, pagando spese non dovute.

Questa sorta di “favore” è stato configurato come peculato, reato in cui Rapetti e Sateriale sarebbero incorse in quanto la Fondazione è un ente pubblico, che gestisce denaro pubblico, e loro avevano la funzione di incaricati di pubblico servizio. Una distinzione contestata dalle difese, che hanno già preannunciato l’impugnazione di Appello, molto importante perché i tempi di prescrizione per questo tipo di reato sono più lunghi, e le pene più pesanti.

La denuncia era partita dall’ex magistrato Carmen Manfredda, all’epoca al vertice della Fondazione. Conteneva contestazioni molto più pesanti, parte delle quali ritenute dalla Procura inconsistenti. Come pena accessoria i giudici hanno stabilito l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, la confisca di 27.000 euro e un risarcimento provvisionale di 30.000 euro alla Fondazione, costituitasi parte civile.

 

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