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NOVARA - 22-01-2023 -- "Dare un'anima al volontariato": questo il fulcro dell'omelia del vescovo Franco Giulio Brambilla, in occasione della festa patronale di San Gaudenzio 2023.


"Il Vangelo della festa di san Gaudenzio di quest’anno ci parla del gesto della donna di Betania che versa il suo profumo preziosissimo per onorare la pasqua di Gesù.. Essa porta quasi mezzo chilo di profumo molto costoso, tenuto in disparte per l’occasione della vita in cui mostrare la sua bellezza. Il gesto della donna-Chiesa che onora il corpo crocifisso di Gesù, che lenisce le ferite della passione con il balsamo più costoso, è motivo di scandalo e di mormorazione: «Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri» (Mc 14,5). Trecento denari sono il salario di un anno di un bracciante palestinese, sono una cifra spropositata. I presenti sussurrano che si poteva barattare il gesto della donna per aiutare i poveri. A questo punto Gesù prende la parola: «lasciatela stare/lasciala fare, perché la infastidite?» (Mc 14,6). Bisogna che noi sciogliamo la donna-Chiesa, che non teniamo legata nei lacci dei nostri calcoli umani la Chiesa che pone al centro il Signore. Lasciatela stare! Permettiamo alla Chiesa di rimanere presso la croce, liberandola dall’essere solamente una società di mutuo soccorso. Solo così scopriremo di avere occhi nuovi per i poveri. Gesù ce li mostra di nuovo con un indicativo sconcertante: «I poveri infatti li avete sempre con voi» (Mc 14,7)!".

Poi il dettaglio sul volontariato.

"Vorrei ora dare alcune indicazioni pratiche, che nascono da due preoccupazioni. Mi colpisce da un lato il venir meno di uno spirito di gratuità nel volontariato degli adulti e dall’altro la caduta del volontariato nel mondo giovanile. Sul primo tema spendo solo una parola: il percorso di inquadramento di tante forme di volontariato nella legge sul Terzo Settore può correre il rischio di spegnere il volontariato umile e gratuito. Le comunità cristiane e i pastori non dovranno smettere di favorire un volontariato disponibile, che sia semplicemente gratuito. Solo con l’ossigeno della gratuità anche il volontariato più strutturato e a tempo pieno non perderà la sua anima di generosità. Chiedo alle comunità cristiane e ai gruppi di volontariato di cercare i modi con cui correggere l’impoverimento del volontariato gratuito.
Mi soffermo invece un po’ di più sul secondo tema: il cammino formativo del volontariato giovanile. I giovani sembrano assenti dal servizio, ma le inchieste indicano uno dei motivi nel fatto che gli adulti non danno a loro sufficientemente spazio. Bisognerà abbassare la soglia di accesso per il loro ingresso nel campo del volontariato.
Il servizio sociale, l’amore del prossimo, la dedizione agli altri, nascono come un impulso del cuore: alcuni infatti preferiscono parlare con le mani, con il lavoro comune. La nostra società è piena di questi giovani, ma l’educazione prevalentemente verbale (anche nei nostri gruppi giovanili), poco incline al tirocinio e alla fatica, mette ai margini questo tipo di persone, forse senza saperlo. (...) Occorre far percepire che il gesto del servizio contiene per il giovane una domanda, un interrogativo sulla propria identità. Il servizio non solo esprime, ma costruisce l’identità personale, toglie dall’improvvisazione, fa ordinare la vita, obbliga a resistere alla fatica e allo sforzo, struttura la personalità, plasma il carattere, costruisce la spina dorsale, stabilizza nelle situazioni difficili. Bisogna pertanto prospettare una diversità di modi: più elastici per i ragazzi e gli adolescenti, dove il servizio ha ancora la funzione dell’esperimento, del tentativo di fare per provare se stessi; più continuativi per i giovani, dove il servizio richiede una dedizione a obiettivi comuni, dove si mette insieme non solo lo sforzo, ma anche il progetto, gli ideali, il controllo dei risultati, la continuità sulle lunghe distanze. (...) La carità da se stessa richiede di diventare scelta di vita: altrimenti molti giovani, che hanno fatto un cammino di formazione e di fede, li potremmo trovare domani con comportamenti che sembrano aver lasciato alle spalle il proprio volontariato come un esperimento giovanile romantico e superato nella vita adulta. La formazione al volontariato deve prospettarsi questa mèta, perché esso non sia solo il sapore di una stagione della vita, ma il colore della propria vocazione. Si può essere preti, sposati, laici, missionari, professionisti, politici in mille maniere. Il tocco di un’esistenza che si lascia permeare dalla generosità dà all’esistenza il suo tratto umano e cristiano. Il percorso della carità approda alla carità come “missione”, mette per strada gli uomini e le donne della carità!
Mentre stavo pensando all’omelia di san Gaudenzio è venuto a mancare Dominique Lapierre, fecondissimo autore del best seller mondiale, La città della gioia (1985), che ha venduto oltre dieci milioni di copie nel mondo, un libro-testimonianza nato dall’incontro con Madre Teresa di Calcutta. Ha voluto che sulla sua tomba fosse scritto un proverbio indiano: «Tutto ciò che non è donato è perduto». Questo proverbio richiama l’unico detto di Gesù, non citato nei vangeli, che ci è giunto però attraverso gli Atti degli Apostoli: «C’è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20,35). Questa è la differenza della carità cristiana: ciò che è donato non solo non va perduto, ma corona di gioia la nostra vita!"

+Franco Giulio Brambilla
Vescovo di Novara

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