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procura novaraNOVARA -31-10-2017- Due mesi, con

la sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno: questa la richiesta di condanna avanzata dal pubblico ministero per un dermatologo novarese finito a processo con l’accusa di lesioni colpose nei confronti di una quarantenne, costituita parte civile. La vicenda risale alla fine dell’estate del 2012 quando la donna si recò nello studio del professionista per una visita. “Era circa metà settembre del 2012 quando notai che il neo che avevo sulla coscia stava cambiando – ha raccontato in aula - Così ho iniziato una ricerca in internet per trovare uno specialista, un dermatologo. Ne trovai uno, prenotai una visita privata nel suo studio e andai accompagnata da mia madre. Mi visitò, disse che si trattava di una cheratosi e mi prescrisse una pomata”. La donna, qualche tempo dopo, a causa del manifestarsi di un’allergia (indipendente da quello specifico fatto), si era rivolta al pronto soccorso e qui, visitata da un dermatologo, aveva fatto la drammatica scoperta: quel che aveva sulla gamba non era un neo ma un melanoma. Da quel momento gli eventi erano accaduti in rapida successione: a marzo la biopsia del neo, ad aprile quella del linfonodo sentinella, a giugno l’intervento al centro tumori di Milano e una vita completamente cambiata. “Non ho più la sensibilità nella parte anteriore della gamba destra, spesso si gonfia, non posso stare seduta a lungo, posso camminare ma spesso con l’aiuto di una stampella, in aggiunta ai problemi di tipo fisico, anche quelli di carattere psicologico. E poi le ripercussioni sul lavoro”, non solo dal punto di vista squisitamente economico ma anche sotto il profilo della carriera. Per parte sua il medico si è sempre difeso sostenendo di aver prescritto alla paziente, in prima istanza, una pomata per sciogliere lo strato cheratosico e poi procedere con una visita successiva. Per la difesa, avvocati Pasceri di Milano ed Edoardo Tuccillo di Novara, che hanno concluso con la richiesta di assoluzione, nessuna manchevolezza da parte del professionista e nessun nesso causale tra la sua eventuale negligenza (che per i difensori non sussiste) e la malattia poi riscontata nella paziente. Si torna in aula il 15 novembre per eventuali repliche e sentenza.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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