NOVARA -26-09-2017-Undici condanne
e un’assoluzione: queste le richieste formulate dal pubblico ministero, Nicola Serianni, al termine di una lunga requisitoria al processo per lo sversamento, ritenuto illecito, di rifiuti (in riferimento all’articolo 260 del testo unico ambientale) alla cava Marcoli di Romentino. In particolare l’accusa ha chiesto la condanna a 2 anni e mezzo di reclusione per Giammario Mondini, capo cava e per Ivano Cesco; 2 anni e 3 mesi per Idalgo Betteo e Domenico Morello; 2 anni e 2 mesi per Mauro Spinelli; 2 anni per Francesco Cassavia, e per Bruno e Demetrio Morello; un anno e mezzo per Alan Gusmeroli, e 10 mesi di reclusione per Vladimiro Porta; un anno di arresto e 10 mila euro di ammenda per Massimo Frantini, per il mancato controllo quale legale rappresentante di una società che conferiva rifiuti. Chiesta invece l'assoluzione per Mauro Ruaro, perché non provata la consapevolezza di partecipare a un piano illecito. Il processo, che aveva preso il via nel luglio del 2015, era scaturito dalle indagini avviate dopo l’omicidio di Ettore Marcoli, ucciso nel suo ufficio alla cava in località Torre Mandelli di Romentino il 20 gennaio del 2010. “Si pensava che il movente dell’omicidio potesse essere ricercato nell’attività dell’azienda, per questo motivo fummo incaricati di svolgere indagini nei vari settori in cui operava la Romentino Inerti – aveva spiegato in aula un finanziere incaricato delle indagini - Nell’agosto del 2010 avviammo attività di monitoraggio, con il coinvolgimento anche di altri enti quali Arpa, Provincia e Regione. Con un sonar scandagliammo anche il laghetto. All’interno della cava vi erano circa 90mila metri cubi di sostanze considerate inquinanti”. “C’erano terre e rocce contaminate, materiali derivanti da demolizioni edilizie, fanghi di cartiera, terre e rocce da scavo – aveva riferito in aula un tecnico della Provincia, che aveva svolto funzioni di ausiliario di polizia giudiziaria - Le autorizzazioni consentivano il conferimento di tutte le tipologie, tranne le terre e le rocce contaminate, che chiamavano “caffè”. I quantitativi poi erano nettamente superiori a quelli fissati dalle stesse autorizzazioni”. Per l’accusa, sostenuta dal sostituto Serianni, titolare dell’inchiesta, molte imprese smaltivano senza autorizzazione, altre invece conferivano rifiuti in quantitativi superiori a quanto veniva dichiarato nei documenti. Si trattava di rifiuti non pericolosi, provenienti in massima parte dal settore edile ma anche di altri tipi di scarti. Si torna in aula il 3 ottobre per l'inizio delle arringhe dei difensori.