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omelia vescovo

NOVARA - 22-01-2022 -- Il filo conduttore dell'omelia del vescovo, Monsignor Franco Giulio Brambilla, per la patronale di San Gaudenzo è stato l'episodio evangelico del ritrovamento di Gesù al tempio. Attraverso questa lettura il vescovo ha messo al centro dell'omelia il tema dell'ascolto e della vicinanza alle nuove generazioni e quello delle fatiche che i giovani stanno vivendo in questo tempo di pandemia.

 

"All’inizio del racconto (Lc 2,41-52), Gesù è presentato nel contesto di una famiglia fedele alla Torah: «Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore» (v. 39). Nazareth (la famiglia) e la Torah (la religiosità ebraica) sono il punto d’inizio della ricerca della nuova identità di Gesù dopo i primi dodici anni della sua vita. Il punto d’avvio del racconto è la perdita di Gesù (vv. 41-43). (...)

"Facciamo ora una prima sosta sulla perdita di tanti ragazzi, adolescenti e giovani, dopo questi due anni di pandemia. Molti sembrano smarriti, altri portano dentro di sé tanta paura e taluni persino l’angoscia per la malattia, la morte dei loro cari, amici, genitori, nonni. Altri ancora sembrano dispersi, quasi intimoriti ad affrontare un tempo che chiede ancora resilienza. Soprattutto coloro che in questi due anni hanno vissuto le età di passaggio (quinta elementare e prima media, terza media e prima superiore, quinta superiore e inizio università) si sentono come defraudati di un tempo che doveva essere per loro propizio: per essi è stata un’età negata, un tempo perduto"


"Anche noi adulti li cerchiamo dalla parte sbagliata, li crediamo ancora al sicuro nella carovana della nostra famiglia, mentre se ascoltassimo il loro silenzio e se leggessimo nei loro messaggini troveremmo apatia, noia e forse timore a riprendere con lena il passo, dopo aver perso un’occasione che non torna più. Ci vogliono tre giorni, il tempo della risurrezione, per ritrovare i nostri ragazzi nel luogo dove sono. Ognuno di noi vada alla ricerca del loro smarrimento, dedichi risorse ed energie a rintracciarli, non li lasci nascondere nelle pieghe del paese o della città. Mettiamoci insieme per dedicare tempo e risorse per ritornare a Gerusalemme e ritrovarli là nel tempio, dove non ce li aspetteremmo a fare domande e a cercare risposte. Dobbiamo ascoltare la loro domanda più dolorosa: se sto perdendo il tempo più prezioso della mia vita, che senso e valore essa ha?"

"Il racconto della perdita, ricerca e ritrovamento di Gesù è ripreso nel dialogo tra Gesù e i genitori (vv. 48-50). È introdotto da un’espressione: «sua madre gli disse: Figlio mio, perché ci hai fatto questo?» (v. 48). Maria chiama Gesù non “figlio” (hyiós), ma “bambino mio” (téknon), gli fa sentire ancora la dipendenza materna”. Maria e Giuseppe lo ritrovano, ma non lo riconoscono più come “figlio proprio” (...)

"Guardo anche a questi giovani preti che sono dedicati totalmente a loro: li stimiamo e li ringraziamo per l’impegno che mettono a stare con i ragazzi, adolescenti e giovani. Oggi è difficile, molto difficile, perché le nuove generazioni non sembrano più accessibili come nell’epoca precedente. Non bisogna avere paura: abbiamo la possibilità dell’ascolto e del dialogo. Non dobbiamo scoraggiarci, lo facciamo perché essi attendono una presenza amica e rassicurante, anche se all’inizio si presentano spavaldi o annoiati, abulici o depressi, persino bulli e dispersi. Con i genitori, gli educatori, gli animatori sono chiamati a raccolta tutti coloro che hanno il compito della formazione: la famiglia, la scuola, l’oratorio, il volontariato, la società civile. I ragazzi, adolescenti e giovani dell’inizio di questo terzo decennio del secolo ci chiedono una cosa sola: voi dovreste sapere cosa significa che noi dobbiamo e vogliamo diventare grandi! Se lo siete diventati voi, aiutate anche noi, magari non diventeremo adulti alla vostra maniera, ma in ogni caso non possiamo farlo senza la vostra vicinanza. Stateci vicini!
Essi gridano, talvolta con linguaggi provocatori, perché noi possiamo essere per loro testimoni della vita buona. Essi ci dicono: non lasciateci soli, non abbandonateci alla deriva, dateci meno cose e più tempo, ascoltateci! Perché solo così anche noi potremo diventare adulti, perché anche noi dobbiamo dire di sì al mistero della vita, possiamo sognare con coraggio la nostra vocazione, perché anche noi dobbiamo rispondere a una Chiamata. È come se questi ragazzi e adolescenti si attendessero da noi adulti di risentire ciò che Eli disse al giovane Samuele, quando egli sentiva una voce che non sembrava trovare conferma. Eli lo rassicura così: «quando la risentirai, tu dovrai dire: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta!”» (1Sam 3,9). Anche i giovani di oggi, soprattutto i giovani del nostro tempo hanno bisogno di genitori, educatori, professori e comunità presenti e rassicuranti, capaci di amore, comprensione e accompagnamento".

 

"La conclusione del racconto rassicura che Gesù «partì con loro e tornò a Nazareth e stava loro sottomesso». Per il ragazzo Gesù questa scappatella non è stata un colpo di testa, ma l’episodio intende aprire uno squarcio sul suo futuro".

"Termino con due richiami.
Il primo riguarda gli educatori nella varietà delle loro figure: genitori, sacerdoti, maestri, professori, educatori, animatori e allenatori. Spesso i formatori si sentono inadeguati, inadatti alla bisogna, non apprezzati e non valorizzati dalla società. Non dimentichiamolo: la formazione è oggi l’impresa più grande, che ha bisogno di grande apprezzamento sociale. Tuttavia gli educatori non possono ritrovare la passione del loro compito, se non lo vivono come una vocazione: non è solo una professione, ma una chiamata, non è solo uno stipendio per vivere, ma un compito per far vivere. Essi devono essere come Maria e Giuseppe e conservare nel loro cuore l’incomparabile bellezza non solo di produrre e conquistare, di capitalizzare e scoprire nuove cose, ma di forgiare l’umano in formato grande. La fine del precariato diffuso e l’aumento di stipendio, che sono decisivi come forma di valorizzazione sociale, non potranno sostituire la stima che tutti noi dobbiamo e vogliamo dare al loro compito e alla loro missione"

"Il secondo richiamo concerne l’alleanza tra tutte le forze sociali e le componenti educative della società: la famiglia che educa, la scuola che forma, l’oratorio spazio di vita, lo sport sano, non sono riserve indiane a lato di una società che per la parte più importante fa altro, cioè si dedica all’economia e alla produzione. Lo sviluppo autentico ha come componente essenziale il tempo formativo. Elevo dunque un forte invito per un grande patto educativo fra tutti i soggetti che si affaticano al compito formativo: anche la scuola ha bisogno di più stima, più sostegno sociale, più apprezzamento. Le risorse e i soldi spesi per la scuola e l’educazione sono il capitale sociale più importante per la società di domani. Nella nostra città abbiamo anche la fortuna di avere la Fondazione Carolina, dedicata a Carolina Picchio, impegnata per il buon uso digitale, con la quale la Diocesi di Novara intende stabilire un cammino di proficua collaborazione. Per questo, mentre aspettiamo di ripartire, il cuore della rinascita non potrà essere che un tempo formidabile da dedicare all’educazione delle nuove generazioni. Lo chiediamo con la protezione del nostro patrono, san Gaudenzio !"

 

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